Ale e Franz presentano “Comincium”, spettacolo teatrale tra sketch e frecciatine al politically correct
Da oltre un quarto di secolo sono una delle coppie comiche più amate e seguite d’Italia e finalmente hanno ripreso a girare il Paese con il loro nuovo spettacolo “Comincium”, che fino al 27 di questo mese farà tappa al Teatro Parioli di Roma. Signore e signori, parola ad Ale e Franz!
Parliamo dalla genesi di “Comincium”: come è nato e in che arco di tempo. E come mai questo titolo?
(A)Partiamo dalla coda della domanda: “Comincium” perché in “dialetto” latino-milanese per noi vuol dire “cominciamo”, anzi, “ricominciamo”. Con il teatro, con il pubblico, con lo stare insieme e divertirci. Per quanto riguarda la genesi, lo spettacolo è stato scritto nell’arco di sei o sette mesi durante il primo periodo della pandemia. Ci sentivamo su Skype tra noi e con gli altri autori e il regista e assemblavamo le varie parti, fino a quando non siamo giunti a definirlo completamente.
Leggi anche: Roma a Teatro: gli spettacoli dal 15 al 20 febbraio
Ad accompagnarvi dal vivo c’è una band di cinque elementi, tra i quali Luigi Schiavone, da molti considerato il miglior chitarrista italiano. Ha solo una funzione di cornice, accompagnamento, o già durante la stesura del copione era prevista qualche “funzione specifica” differente?
(A)Con i ragazzi siamo ormai arrivati al terzo spettacolo insieme e devo dire che, oltre che dal punto di vista umano, anche a livello di performance si è creato un legame importante. Dunque, sì, la loro presenza in “Comincium” era prevista già in fase di stesura, perché ci aiuta a strutturare meglio i vari momenti della performance, in cui è presente tanta musica, dal cantautorato al rock. A proposito di Luigi Schiavone, che dirti? Sì, è un musicista eccezionale, anche noi siamo tra quelli che sostengono sia il migliore in Italia col suo strumento.
Rimanendo sul copione: quanto lo rispettate in scena e cosa cambia, se qualcosa cambia, ogni sera?
(A)Noi siamo molto fedeli al testo, una volta che lo abbiamo buttato in maniera definitiva. Certo, capita che durante le singole rappresentazioni possa esserci qualche minima variazione-improvvisazione dovuta magari a una particolare reazione del pubblico o, perché capita, a un piccolo errore, ma, sostanzialmente, ci atteniamo molto a quanto è stato scritto.
Lo spettacolo si compone di tre lunghi sketch in ognuno dei quali il bersaglio preferito della vostra comicità sembra essere il politically correct che stiamo vivendo. Oltre a voler far ridere il pubblico in sala, c’è qualche messaggio più o meno deciso che volete far passare?
(A)Messaggi precisi, no, ad esser sincero. Io penso che ognuno debba trovare in un nostro spettacolo quello che vuole. Una cosa è certa: con la nostra comicità, anche nei momenti più caustici, non vogliamo ferire nessuno. Quello che ci interessa è comunicare leggerezza e far divertire la gente, anche perché mai come in questo particolare periodo che stiamo vivendo credo ce ne sia un gran bisogno.
La vostra è una delle coppie comiche più rodate del paese. Dopo lo stop imposto dalla pandemia, quanto è stato difficile ritrovare i tempi sul palcoscenico e, più in generale, come oliate i meccanismi della vostra intesa?
(A)La grande fortuna è che con il trascorrere degli anni si creano degli automatismi, che, anche quando si è costretti a star fermi per un bel po’ di tempo come è accaduto in questi ultimi due anni, non vengono mai meno. Inoltre c’è anche la componente esperienza che gioca un ruolo importante in quelli che possono essere i momenti difficili, di incertezza. Il ritorno in scena, comunque, è stato a dir poco fantastico. La cosa più bella è stata constatare l’emozione che si è venuta a creare sia in noi e che negli spettatori. Produce una vera e propria alchimia ed è fantastico che finalmente si sia ricreata e rinnovata.
Per voi che venite da una gavetta tradizionale, quali opportunità offre il mondo dei social ad un aspirante comico? E in che modo ha cambiato il vostro mestiere?
(A)Noi, sì, siamo stati davvero “analogici” e siamo convinti che questa modalità esperienziale, con la riapertura di tutti i locali e le attività, tornerà ad aver la sua preminenza, perché la gente è stanca e vuole uscire. È per questo motivo che consiglio a tutti gli aspiranti comici di ricreare certi “percorsi” di esibizione classici, sfruttando magari le potenzialità dei social per farsi pubblicità ed attrarre le persone. In ogni caso, credo che, soprattutto chi sta venendo fuori adesso, debba tenere nella giusta considerazione i nuovi canali di diffusione offerti dalla tecnologia e cercare di sfruttarli al massimo. Insomma, non ci consideriamo dei “passatisti”, pensiamo che si debba bilanciare il vecchio con il nuovo.
Leggi anche: “Racconti disumani”, Gassmann porta in scena Kafka con Pasotti
Che esperienza è stata quella di “Comedians” con Salvatores? Cosa avete imparato da lui e cosa ritenete possa esservi utile per il futuro?
(F) Grandiosa! Da lui si impara tantissimo, da come si gestisce una troupe a come si trovano certe sfumature nei personaggi. Sul set ci siamo divertiti davvero tanto, ci sono stati momenti a dir poco stimolanti. Cosa ci siamo portati più dietro dopo questa esperienza? Ci ha aiutato a “mutuare” il teatro nel cinema e viceversa, se così si può dire.
Leggi anche: Teatro OFF, cambio di programma e in scena c’è “La rivoluzione delle sedie”
Teatro, cinema, televisione: come si fa ogni volta a trovare il timing recitativo giusto e quanto è difficile “incrociare” esibizioni di tipo differente in uno stesso periodo?
(F) Sono approcci diversi, molto diversi, cambia davvero tanto il modo di lavorare. Nel cinema, sei assolutamente solo (anche quando c’è qualcun altro con te) davanti alla macchina da presa e sempre da solo devi trovare il ritmo, con la consapevolezza, non facile da gestire, che di fronte a te ci sono decine di persone tra tecnici e quelli della produzione. A teatro, invece, l’interazione è fondamentale, e non soltanto con il tuo, con i tuoi partner, ma anche quella che riesci a stabilire con il pubblico, perché anche questo fattore incide in modo consistente sui tempi di scena. La televisione, invece, è una sorta di compromesso e quindi ha i vantaggi e le difficoltà di tutte e due le precedenti modalità recitative.
Come si regge un sodalizio lavorativo come il vostro, che dura da ormai 27 anni?
(F) Bisogna avere un rispetto reciproco molto forte, innanzitutto. E poi ci vogliono obiettivi artistici e di carriera comuni, in vista dei quali diventa naturale stimolarsi reciprocamente. Noi due ci siamo trovati su tutto il fronte e, beh, il tempo è volato.