Achille Lauro, il finto battesimo e il vescovo di Sanremo
Non potendo far leva più di tanto né su qualità canore, né su canzoni che si lascino ricordare, Achille Lauro continua a utilizzare il palco di Sanremo per sperimentare la sua trasgressione patinata che tanto piace (a lui) e tanto fa discutere.
Il nostro, stavolta, nella serata inaugurale, ha cantato a torso nudo, con i tatuaggi in mostra e pantaloni di pelle nera attillati. Ha inscenato un battesimo sul palco tanto per attirare qualche reazione.
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“Una triste apertura del Festival della canzone Italiana 2022”, ha scritto Antonio Suetta, vescovo di Sanremo, all’indomani, “ha purtroppo confermato la brutta piega che, ormai da tempo, ha preso questo evento canoro e, in generale, il mondo dello spettacolo, servizio pubblico compreso”.
“La penosa esibizione del primo cantante ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante”, aggiunge. “Il brano presentato, già nel titolo – Domenica – e nel contesto di un coro gospel, alludeva al giorno del Signore, celebrato dai cristiani come giorno della fede e della risurrezione, collocandolo in un ambiente di parole, di atteggiamento e di gesti, non soltanto offensivi per la religione, ma prima ancora per la dignità dell’uomo. Non stupisce peraltro che la drammatica povertà artistica ricorra costantemente a mezzi di fortuna per far parlare del personaggio e della manifestazione nel suo complesso”.
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“Indeciso se intervenire o meno, dapprima ho pensato che fosse conveniente non dare ulteriore evidenza a tanto indecoroso scempio, ma poi ho ritenuto che sia più necessario dare voce a tante persone credenti, umili e buone, offese nei valori più cari per protestare contro attacchi continui e ignobili alla fede”, ha sottolineato il vescovo, “ho ritenuto doveroso denunciare ancora una volta come il servizio pubblico non possa e non debba permettere situazioni del genere, sperando ancora che, a livello istituzionale, qualcuno intervenga; ho ritenuto affermare con chiarezza che non ci si può dichiarare cattolici credenti e poi avvallare ed organizzare simili esibizioni; ho ritenuto infine che sia importante e urgente arginare la grave deriva educativa che minaccia soprattutto i più giovani con l’ostentazione di modelli inadeguati”.
“Sono consapevole che la mia contestazione troverà scarsa eco nel mondo mediatico dominato dal pensiero unico, ma sono ancora più certo che raggiungerà cuori puliti e coraggiosi, capaci di reagire nella quotidianità della vita ad aggressioni così dilaganti e velenose. Soprattutto sono convinto di dover compiere il mio dovere di pastore affinché il popolo cristiano, affidato anche alla mia cura, non patisca scandalo da un silenzio interpretato come indifferenza o, peggio ancora, acquiescenza”.
“Vero è, come dice il proverbio, che “raglio d’asino non sale al cielo”, – conclude Mons. Suetta – ma stimo opportuno sollecitare le coscienze ad una seria riflessione e i credenti al dovere della riparazione nella preghiera, nella buona testimonianza della vita e nella coraggiosa denuncia”.
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