Grazia Deledda, l’unica italiana Nobel per la letteratura
La data di nascita di Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, conosciuta semplicemente come Grazia Deledda, rimane ancora oggi argomento dibattuto. Mentre lei stessa disse di essere nata a Nuoro il 27 Settembre del 1871 alcune fonti riportano la data del giorno seguente. Questo perché probabilmente, come spesso accadeva in quel tempo, la registrazione all’anagrafe veniva effettuata solo qualche giorno dopo il parto.
Sin da piccola destinata a farsi largo tra i più grandi della nostra letteratura, guadagnandosi infine un posto accanto a loro, quella della Deledda sarà un’esistenza travagliata fatta di gioie e dolori. Da un’adolescenza segnata dai drammi familiari e dal senso di autoisolamento all’interno di una società che percepiva come ostile si riscatterà raggiungendo la gloria letteraria con il Nobel per la letteratura all’età di cinquantasei anni.
Impossibile scindere il suo nome dal Verismo, quello dei più umili, delle realtà rurali e regionali, delle masse popolari incolte di fine Ottocento che faticavano ad integrarsi in uno Stato ancora in via di formazione. Così come Giovanni Verga per la Sicilia o Renato Fucini per la Toscana, Grazia Deledda diventa la voce del popolo sardo, per il quale desidera essere motivo d’orgoglio e di prestigio internazionale.
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“Sono piccina piccina, sono piccola in confronto anche alle donne sarde, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante!”.
Questo è il modo in cui ella amava descriversi, descrizione che non lascia spazio a dubbi sulla tempra del suo carattere.
La passione di Grazia per la scrittura scoppia precocemente. A soli 13 anni inizia l’elaborazione dei suoi primi racconti nonostante la contrarietà della famiglia, che comunque le garantisce una buona istruzione presso le scuole elementari prima e sotto l’egida di un precettore poi. I suoi scritti sono intrisi d’amore per la Sardegna, nei cui paesaggi era solita immergersi nei momenti di tristezza e desolazione che spesso l’affliggevano. L’attaccamento alla terra natale emerge inoltre nelle scelte linguistiche delle sue opere ricche di termini dialettali.
La scrittura fu il suo tutto. Valvola di sfogo, via d’evasione dal contesto in cui viveva e conforto quando una serie di eventi tragici la colpì: l’alcolismo del fratello maggiore, la reclusione di quello minore e la morte improvvisa del padre. Fu il mezzo con cui vide l’opportunità di creare una letteratura tipicamente sarda che nobilitasse il suo popolo.
“Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza”.
Non solo scrittrice raffinata, ma anche madre amabile e moglie premurosa. Sposò un funzionario ministeriale conosciuto a Cagliari, dal quale ebbe due figli, e con il quale si trasferì a Roma. Qui videro la luce i suoi romanzi più importanti: “Elias Portolu”, “Canne al vento”, “L’edera”, che susciteranno particolare interesse presso la critica.
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Tuttavia, la definitiva consacrazione arriva nel dicembre 1927 quando le viene conferito il premio Nobel «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano». Ad oggi resta l’unica donna italiana a vantare tale riconoscimento.
Se dibattuta è la data di nascita ancora più incerta è quella di morte sopraggiunta a causa di un cancro al seno circa dieci anni dopo aver ricevuto il Nobel. Alcune fonti riportano la data del 15 agosto 1936, altre quella del giorno seguente.
Di lei, oltre le sue splendide opere che compongono una parte importante dell’intero panorama letterario italiano, resta l’immagine di una donna introversa e vulnerabile ma anche forte e determinata che non si lascia scalfire dalla durezza della vita e raggiunge il suo obiettivo.
di Luca Torre