“Innuendo”, il testamento musicale dei Queen che riecheggia nell’eternità
Era il 4 febbraio del 1991 quando i Queen diedero alle stampe “Innuendo“, quattordicesimo album di una carriera che da lì a pochi mesi avrebbe subito una battuta d’arresto definitiva. Si tratta, infatti, dell’ultimo disco su cui Freddie, Brian, John e Roger lavorarono assieme. L’ultimo con la storica, insostituibile, line up. Pochi mesi dopo – dieci per l’esattezza – Mercury, perse la sua battaglia contro l’Aids, terribile flagello degli anni ’90.
Aspetto, questo, che rese il disco in questione diametralmente opposto, per testi, atmosfere e melodie, ai lavori precedenti. Meno scanzonato e irriverente, più cupo e nostalgico. Come avrebbe potuto essere altrimenti? La copertina del disco ne è l’emblema: ispirata a “L’Autre Monde“, illustrazione del caricaturista J.J. Grandville – datata 1844 – presenta un un giocoliere incinta, enorme e possente quanto due o tre pianeti, che gioca con il meccanismo, reinventa le leggi del cosmo e tesse nuovamente i legami di una costellazione possibile. O, purtroppo, impossibile.
Acclamato come uno degli album più personali e influenti della storia del rock, nel 2006 fu inserito dalla Bbc al 94esimo posto degli full-lenght più belli di tutti i tempi. Le sue registrazioni iniziano a marzo 1989 ma, a causa dell’aggravarsi della malattia del frontman, le sessioni vennero notevolmente accelerate per consentire al nativo di Zanzibar di portare a termine la sua ultima volontà. In quell’anno la sieropositività all’HIV si tramutó ufficialmente e letalmente in AIDS. “Innuendo” è , a tutti gli effetti, il testamento musicale di Freddie Mercury, il suo epitaffio lasciato in dono all’umanità.
Una volta pubblicato raggiunse nel giro di breve tempo la prima posizione della UK Albums Chart nel Regno Unito (rimanendovi 4 settimane), così come in Olanda (anche qui 4 settimane), in Svizzera (8 settimane), Germania (6 settimane), e Italia (3 settimane). Inoltre, fu il primo album dei Queen a essere certificato disco d’oro per le vendite negli Stati Uniti.
Dei dodici brani in scaletta ben cinque furono estratti come singoli: “I’m Going Slightly Mad“, brano ispirato alla malattia di Mercury ma descritta in modo ironico e spigliato, ma non per questo privo di tristezza e dolore, “Headlong“, pezzo originariamente scritto da Brian May per il suo album solista del 1992 ma poi “concesso” alla band e lasciato all’interpretazione di Freddie, “Innuendo“, title track straordinaria in cui emerge prepotentemente tutta la magnificenza artistica dei quattro musicisti inglesi. Un’opera, non potrebbe essere definita altrimenti, nella quale spicca un livello di songwriting tutt’ora impensabile e irraggiungibile per la maggior parte dei musicisti. E poi ci sono le due pietre miliari di una carriera ineguagliabile: “The Show Must Go On” e “These Are The Days Of Our Lives“. Cupe, struggenti, cariche di emotività e pathos.
La prima, che erroneamente viene attribuita alla penna di Freddie, essendo stata scritta in realtà da Brian, è senza dubbio il manifesto dell’album in questione. Una hit di pregevolissima e impareggiabile fattura, anthemica nel suo incedere, sublime nella sua interpretazione. “Lo show deve andare avanti“, già, doveva andare avanti, ma non per Freddie. Lui, infatti, sapeva di essere giunto alla fine della sua corsa. Ha voluto regalarci una perla, l’ennesima, e lo ha fatto con tutto il carisma e la versatilità di una performance vocale monumentale.
La seconda, invece, è quanto di più dritto, dolce e, al tempo stesso, amaro possa arrivare al cuore dell’ascoltatore. E’ il saluto di Freddie a questa terra, alla sua band, ai suoi amici ed ai suoi fan, alla sua arte, al suo essere “The Great Pretender“. Non si può restare indifferenti all’ascolto di questo brano, non si può non provare rabbia e dolore per un destino beffardo che ci ha privati di un musicista dal talento sconfinato. Il videoclip del singolo è commovente. Il momento in cui Mercury, ormai consumato dalla maledetta malattia, fissa lo schermo e intona il ritornello è il classico pugno nello stomaco.
“These are the days of our lives, they’ve flown in the swiftness of time, these days are all gone now but some things remain. When I look and I find, no change
Those were the days of our lives, yeah, the bad things in life were so few
Those days are all gone now but one thing’s still true. When I look and I find, I still love you. I still love you”.
Ma Freddie è li, per l’ultima volta, e ci saluta come solo lui sa fare, con dolcezza e amore, lo stesso che ha riversato per tutta la sua straordinaria esistenza nella musica e nel rapporto con i fan. A volte spigoloso, certo, ma sempre onesto e sincero. “I still love you” è il suo epitaffio, la sua ultima volontà, le sue ultime parole. E sono per noi, il suo pubblico.
“Innuendo” compie 31 anni e, tre decenni dopo, il vuoto lasciato dalla morte del cantante è ancora immenso. Ma la verità è che si tratta di un qualcosa di incolmabile. Oggi, per l’ennesima volta, ciò che ci riesce meglio affermare, dinanzi questo dono, è solo ed esclusivamente “grazie“. Grazie per tutte le emozioni che ci hai regalato, Mr Bulsara, grazie per le canzoni, i videoclip, i concerti. Grazie per le mode che hai saputo creare e i trend che hai saputo lanciare. Grazie per aver dato dimostrazione che, se si vuole, si può essere liberi, tanto nella musica quanto nell’arte. Grazie per esserci stato. Grazie per esserci ora. Grazie per esserci sempre. We still love you, Freddie. We Still love you.