Parla Giorgio Gosetti, ideatore del Noir in Festival: il nostro evento è unico
Il Noir in Festival 2021 è ormai alle porte e gli organizzatori hanno lasciato ben intendere che questa sarà un’edizione diversa da tutte le altre. Principalmente perché la più conosciuta e amata manifestazione dedicata al genere mistery raggiungerà la sua trentesima edizione. Seconda cosa perché, per la prima volta, si tratterà di una manifestazione completamente gratuita e accessibile esclusivamente online.
Dal cinema alla letteratura, passando per la televisione i new media, il festival si svolgerà da lunedì 8 a sabato 13 marzo, con la giornata di domenica 7 a fare da pre-apertura e interamente dedicata al cinema italiano. Per raccontarci il dietro le quinte dell’evento, abbiamo intervistato Giorgio Gosetti uno degli ideatori e curatori della kermesse.
Ci troviamo in un periodo storico totalmente nuovo per chiunque e che ha portato tantissime difficoltà a livello lavorativo, anche e soprattutto in un ambiente come quello del cinema e dello spettacolo. La 30esima edizione si svolgerà per la prima volta totalmente online: lo streaming può essere il compromesso per andare avanti? E come si colma la distanza tra il pubblico e gli autori?
Fino all’ultimo abbiamo sperato che la manifestazione potesse svolgersi in presenza. Spostandoci da Courmayeur a Milano e Como, l’idea era di quella di immergerci in una comunità di persone. Questo è anche il motivo per cui il festival sarebbe dovuto iniziare il 30 novembre ma ci siamo ritrovati all’8 di marzo: non c’erano le condizioni. In questi casi ci sono due sole alternative: piangersi addosso e accontentarsi, oppure, ed è il modo che abbiamo scelto noi, fare in modo che questa 30esima edizione venga ricordata come un qualcosa di straordinario. Volevamo una manifestazione unica, che fosse totalmente diversa da tutte le altre.
Abbiamo deciso di sperimentare ed esplorare queste situazioni nuove, un po’ come fossimo gli esploratori Livingstone o Stanley. È tutto una novità e impariamo cose nuove di continuo. Io ho iniziato a lavorare sui palinsesti da ragazzo, con tecniche totalmente diverse da quelle odierne; ma presto capisci che la rete si muove diversamente. Come direttore, ogni anno devo pensare agli invitati da coinvolgere e fare in modo che gli stessi siano invogliati anche dalla cornice che abbellisce l’evento. Cosa possiamo offrire quest’anno, una diretta di un’ora su StreamYard? Può anche capitare che il Robert De Niro di turno accetti l’invito.
Nel caso oggettivo, io adoro Kiyoshi Kurosawa. Un grandissimo regista e un innovatore che ha cambiato i linguaggi spaziando dall’horror al mistery e al noir tra gli anni novanta e duemila. Ma si trova a Tokyo e parla solo giapponese… Ecco che la rete riduce gli spazi e offre possibilità che esistono e sono concrete, a patto di saperle cogliere. È una scommessa e come tale bisogna saperne approfittare. Quest’anno Kurosawa riceverà il premio alla carriera cinematografica da noi, mentre l’hanno scorso è stato premiato a Venezia.
Avete mai pensato di spostare il Festival in estate, proprio per farlo all’aperto e quindi con un pubblico?
Il discorso è un altro: io adoro l’idea di fare manifestazioni estive e all’aperto. Ma in quel caso progetterei una manifestazione del tutto nuova. Il Noir ha una sua caratteristica. Bisogna saper sempre cambiare, pur mantenendo dei tratti distintivi. In passato è capitato si tenesse nei mesi di giugno e luglio e a Viareggio. Ora, però, ha una sua connotazione classica, più caratterizzante. Faccio un po’ fatica ad immaginare il Noir in Festival di giorno e al sole della California… E poi, oltre alle difficoltà logistiche, ci sarebbero anche state quelle organizzative. Dobbiamo già pensare alla prossima edizione e organizzarsi per farne una a marzo e una a giugno sarebbe stato realisticamente complicato.
Abbiamo detto che si tratterà di un’edizione del tutto particolare. Qual è il contributo che un evento del genere può dare al cinema e alla letteratura noir italiana, in un momento come questo?
La mia collega di direzione Marina Fabbri, che segue non solo la parte letteraria, mi fa notare spesso come noi abbiamo una responsabilità forte. Riuscire a convogliare una comunità di spettatori-lettori, portarli ad esempio in libreria a comprare libri, è già di per sé una cosa importante. Per l’aspetto cinematografico è una bella domanda… È più una vera scommessa o un esperimento… Abbiamo analizzato come possa cambiare la percezione che uno spettatore ha di un film, a seconda che lo guardi su di uno schermo, su un pc o al cinema. La certezza non c’è ma abbiamo delle sensazioni. Ci vorrà un po’ più di tempo per capire a fondo.
Normalmente avremmo scelto almeno un paio di blockbuster che, di lì a poco, sarebbero usciti in sala. Quest’anno si parla di scommessa proprio perché lavoriamo con la rete, facciamo in modo di tornare alle origini dell’idea di festival. Il luogo in cui scopri qualcosa di nuovo. Per usare una metafora culinaria, in rete c’è più curiosità di scoprire sapori diversi rispetto alla sala, dove, tutto sommato, vai più volentieri a mangiare cose che conosci. Abbiamo un concorso di sei film di cui ben cinque esordienti o quasi, ma non sono scelte di ripiego. C’è solo un veterano: Marc Fitoussi che ha già una storia cinematografica alle spalle. Riteniamo la rete un luogo dove il pubblico abbia voglia di sorprendersi.
A proposito dell’Italia, qual è lo stato di salute del noir italiano?
Abbiamo pensato di dedicare un’intera giornata del festival al cinema italiano: precisamente domenica 7 marzo. Una sorta di preapertura domenicale con storie e personaggi italiani. Poi si proseguirà, sempre nel genere ovviamente, ma con una declinazione al femminile. Il 7 ci sarà una maratona dei film che Gianni Canova ed io abbiamo scelto come finalisti del Premio Caligari. Ci sembrano i sei film che meglio fotografano lo stato di salute o, più esattamente, lo stato di curiosità del cinema italiano nei confronti dei generi.
Ci sono esempi molto diversi tra loro: i fratelli D’Innocenzo che, con Favolacce, fanno un cinema popolare-d’autore e portano una bella storia anche di livello internazionale. Capuano con Il buco in testa fa un film strettamente d’autore che s’intreccia col noir. Ivano De Matteo che con Villetta con ospiti scatta una vera e propria fotografia sociale. Anche L’immortale di Marco D’Amore è un’opera interessante, perché tratto dalle nuove forme di narrazione, anche di genere. Non è un caso che la serialità produca gialli, noir o storie d’amore. Significa che in Tv hanno successo.
Ad oggi esiste una schiera di produttori giovani che ha voglia di lavorare coi generi e noi festeggiamo, con un premio speciale, il lavoro di Matteo Rovere, Andre Paris e Sydney Sibilla che lavorano a piene mani senza tralasciare alcun genere. Prendiamo ad esempio Il primo re o Romulus… Ci vuole un po’ più di coraggio e dobbiamo arrivare ad affermare che, meglio di noi, questo non lo fan nessuno. Ovviamente bisogna essere supportati dalle opere…
Nella scrittura, ad esempio, i nostri scrittori hanno più coraggio nell’affermarlo. Da Carofiglio a De Giovanni, fino a quelli di lungo corso come Lucarelli, sono tutti autori che nel mondo vengono visti come dei geni e vendono moltissimo. Tutti ammettono che esista una nuova via italiana del noir e se facessimo questo discorso nel cinema, avremmo vinto la scommessa.
Il Noir in Festival è riconosciuto dagli addetti ai lavori come uno dei maggiori appuntamenti internazionali. Per quanto riguarda l’assegnazione dei premi e degli ospiti, troviamo diversi e prestigiosi nomi. Come riporta il programma, non solo importanti esponenti italiani come Dario Argento e Carlo Lucarelli. Ma anche personalità internazionali come Kiyoshi Kurosawa e John Banville. Segno che all’estero il Festival gode di un’ottima considerazione.
È il pregio di essere, anche all’estero, se non un modello unico, qualcosa di molto particolare. Io ne ho visti molti di festival e generalmente si stratta sempre di grandi vetrine letterarie in cui, ogni tanto, passano un film. Oppure parliamo di festival con connotazioni cinematografiche, in cui ogni tanto si parla di un libro. Il Noir in Festival è un equilibrio perfetto tra le due cose fin dalla sua nascita. Quest’anno, poi, c’è anche il debutto dei podcast. Mi piacerebbe anche che ci occupassimo di più di new media e virtual games. Perché nella rete i territori in cui muoversi sono molto vasti.
Sempre scorrendo il programma, notiamo un importante e bellissimo omaggio a Lucio Fulci. Come nasce la scelta di omaggiarlo?
Il merito di tutto porta il nome e cognome di Antonietta De Lillo. Regista super impegnata che ha diretto Il resto di niente: un’opera raffinatissima sulla Napoli prenapoleonica. Lei ha una passione per il cinema e i cineasti. Venne da noi un anno e mezzo fa e mi disse che, insieme al critico Marcello Garofalo, aveva ritrovato una serie di nastri con una fantastica intervista a Lucio Fulci. Roba di trenta e passa anni fa. Affidato a un laboratorio, il film che si chiama Fulci Talk o Fulci Uncut, è ora pronto. E quando mi ha detto che potevamo presentarlo al Noir ho pensato che sarebbe stato fantastico. Poi, con Marina Fabbri, abbiamo deciso di puntare anche a un pubblico più giovane. E così insieme ad Antonietta e ad Antonella, figlia di Fulci, abbiamo pensato di realizzarne un omaggio.
Tutto questo è caratteristico del Festival perché da diversi anni diamo un premio agli outsider del genere. È il premio Svizzeretto, chiamato così in onore di un carissimo collega e amico che non c’è più e che aveva questa straordinaria passione per la parte popolare del genere noir. È un premio per cui è passata gente come i fratelli Manetti, Ruggero Deodato e Sergio Stivaletti. Quest’anno andrà a Brian Yuzna che è un genio assoluto. È proprio per riscoprire figure determinanti come Lucio Fulci che abbiamo fatto questa scelta. Ce ne sarebbero davvero tanti di grandi registi italiani ma Fulci è un Maestro. Uno che ha saputo insegnare agli altri i diversi generi, dal western all’horror.
Tu mi parli della tua età e ti dico che ho conosciuto uno youtuber come Federico Frusciante che ha una conoscenza sterminata del cinema ed è un altro appassionato di Fulci come te. Abbiamo selezionato due titoli emblematici: Sette notti in nero e Non si sevizia un paperino. Poi abbiamo scelto di puntare su due opere “inusuali”, ossia Quando Alice ruppe lo specchio, qualcosa che esce da tutti i circuiti commerciali, e Le porte del silenzio, il suo ultimo film. Mi piace pensare che anche gli appassionati di film possano trovare nel festival qualche novità. Un qualcosa di inedito o che quasi non ricordavano.
Difatti l’utilità di un festival dovrebbe essere anche quella di creare nuovi appassionati e “tramandare” qualcosa di buono…
Io penso che un festival del genere, teoricamente, dovrebbe fare un po’ di cultura cinematografica o letteraria. Nel campo del cinema non c’è dubbio che, negli ultimi anni, i festival abbiano quasi tutti abbandonato la possibilità di fare retrospettive omaggio. Questo perché nei palinsesti non trovano spazio. La rete invece offre possibilità diverse. A disposizione dell’utente, puoi mettere qualcosa che possa essere utilizzato in base agli orari di ciascuno, seppure per un tempo definito. Si deve tornare alla responsabilità anche culturale di un festival. Il Noir in Festival ha fondamentalmente una caratteristica: si tratta di un evento totalmente gratuito, quindi aperto. I film sono visibili per 24 ore al massimo perché devi aver la voglia di stare con noi.
Ad oggi chi è l’astro nascente del noir italiano, sia in ambito cinematografico che letterario?
Questa è una domanda tosta (ride). Partiamo dal campo letterario: dico il vincitore del premio Scerbanenco di quest’anno, Tullio Avoledo. Secondo me è tra gli scrittori più sorprendenti che abbiamo. Una bella scommessa. Si sa muovere bene tra i vari livelli del genere. Può essere distopico come Philip Dick e narrativo come Chandler, ma anche raffinato nella scrittura ed efficace, diretto, immediato. In campo cinematografico, io mi sento di scommettere su uno che non compare nel programma del Noir in Festival di quest’anno. E non c’è per due ragioni: primo perché è andato al festival di Torino e quindi non potevo portarlo qui. In seconda battuta perché si è presentato con un film nel quale non aveva ancora messo a fuoco il suo talento.
Sto parlando di Toni D’angelo. Secondo me ha un talento per il genere quasi senza confronti in Italia. È un regista potenzialmente straordinario, che ha solamente iniziato a farci vedere qualcosa, ma che può fare e farà molto di più. È un uomo di straordinaria curiosità, uno che non si ferma alla superficialità. E ha un talento visivo e narrativo straordinario.