Hasel: l’arresto del rapper catalano incendia la Spagna
L’arresto di Pablo Hasél, il rapper catalano, continua ad incendiare le notti spagnole. Barcellona e altre città catalane, fino addirittura a Madrid, sono da quasi una settimana il teatro di violenti scontri.
Pablo Hasél, nome d’arte di Pablo Rivadulla Duró, è un cantante rap spagnolo condannato a 9 mesi di reclusione più una multa da 30 mila euro per alcuni tweet e soprattutto per i testi di alcune canzoni che secondo la legge spagnola esalterebbero il terrorismo e insulterebbero la famiglia reale.
L’arresto di Hasel
Barricatosi nell’università di Lleida, sua città natale, Hasél è stato inseguito e catturato dai Mossos d’Esquadra, agenti della polizia catalana. Si era barricato nel rettorato dell’università insieme a decine di studenti e attivisti con l’obiettivo di dare risonanza mediatica al suo arresto, che ha definito un “gravissimo attacco” alla libertà d’espressione. “Non ci fermeranno! Non ci piegheranno!”, ha gridato Hasel mentre veniva portato via dagli agenti.
Il suo arresto ha diviso l’opinione pubblica e la stessa politica che ora deve rispondere alle rivolte popolari che nel nome di Hasél e della libertà di espressione da quasi una settimana tengono in scacco le maggiori città spagnole. Il tentativo di censura ha quindi sortito l’effetto contrario.
Migliaia di giovani hanno dato vita a manifestazioni nate spontaneamente sui social che hanno portato a scene di violenza, culminate con la distruzione della stazione di polizia a Vic, in Catalogna, e la perdita di un occhio per una diciannovenne.
“Si tratta di un amalgama di persone violente e aggressive che, con il pretesto di una legittima manifestazione, causano disordini”, ha dichiarato in conferenza stampa Joan Carles Molinero, capo dei Mossos.
Le frasi incriminate
Trentatrenne, sostenitore dell’indipendenza catalana, Hasél nei suoi testi spiega che non ama essere etichettato ribadendo il suo essere voce degli oppressi schiacciati dal sistema di cui la monarchia spagnola è complice.
Attraverso i social e i suoi video musicali il rapper ha portato avanti per anni la sua lotta contro il “tiranno”. Come nella canzone “Juan Carlos el Bobón”, che senza la “r” fa perdere alla parola tutta la sua regalità trasformandola in “sciocco”. O come l’ultimo video, apparso su YouTube quando Hasél si è barricato all’interno dell’Università, dove si vede l’attuale sovrano Filippo VI inneggiare alla libertà di espressione come fondamento essenziale su cui fondare una democrazia. Un’immagine abbastanza in controtendenza con ciò che sta avvenendo in questi giorni in Spagna. Per questo Hasél canta: “Senti tiranno, non ce n’è solo per tuo padre. Che il grido repubblicano trapani il tuo timpano. Amo l’oppresso, odio il regno oppressore”.
Le canzoni sotto processo sono molte di più e sono state pubblicate più di dieci anni fa, dove Hasél inneggiava ai gruppi terroristici del GRAPO e dell’Eta.
La denuncia del rapper riguarda anche la violenza in Spagna soggetta a due pesi e due misure: quella dei prigionieri politici, “trattati peggio degli stupratori”, e quella impunita della monarchia accusando inoltre di ripetute e ingiustificate violenze la polizia.
Al suo fianco si sono schierati personalità di spicco della cultura spagnola. “L’imprigionamento di Pablo Hasél rende ancora più evidente la spada che pende sopra la testa di tutti i personaggi pubblici che osano criticare apertamente le azioni delle istituzioni statali. Siamo consapevoli che se permettiamo a Pablo di essere incarcerato, domani potrebbero venire dietro a chiunque di noi, finché non saranno riusciti a soffocare ogni sussurro di dissidenza”, recita il manifesto firmato da oltre 200 artisti, tra i quali figurano il regista Pedro Almodóvar, l’attore Javier Bardem, il cantautore Joan Manuel Serrat, l’attore Luis Tosar e il rapper Valtony, scappato nel 2018 in Belgio per evitare la fine di Hasel.
La divisione politica
L’arresto del rapper catalano è dunque un elemento di divisione tra le forze politiche. Mentre il ministero della Giustizia non si era ancora mosso per eventuali revisioni della legge sull’anti terrorismo inasprita già nel 2018, la pressione delle piazze ha portato Podemos, appartenente alla minoranza del governo, a dichiarare come stesse completando il proprio “progetto di legge per la protezione della libertà di espressione”. Il ministro della giustizia Juan Carlos Campo ha ammesso la confusione creata da crimini come questo, ma non ha parlato di un’abrogazione totale. “La proposta del ministero considererà che gli eccessi verbali compiuti nell’ambito di manifestazioni artistiche, culturali o intellettuali debbano rimanere al di fuori dell’ambito della punizione penale”, recita una nota del governo.
Una frattura diventata ancora più profonda dopo che il portavoce di Podemos al Congresso, Pablo Echenique, ha deciso di sostenere apertamente i manifestanti chiedendo di indagare su alcune azioni della polizia, alimentando ancora di più il clima infiammato nelle città spagnole.
Solo pochi giorni fa, nel frattempo, gli indipendentisti hanno trionfato alle elezioni catalane, nel cui parlamento, con 11 seggi si siederanno i radicali di destra del movimento Vox. Un elettorato sempre più distante dal potere centrale di Madrid, cresciuto già dopo il referendum del 2017, che ha portato anche in quell’occasione a scontri cittadini. Un chiaro segno di insofferenza nei confronti della Corona a cui vanno sommate le inchieste di corruzione che riguardano l’ex re Juan Carlos, quello cantato da Pablo Hasél, su cui la magistratura sta indagando e che non possono che aumentare il distacco fra Corona e popolazione.