T.S. Eliot, tra i maggiori innovatori della poesia mondiale del Novecento
Thomas Stearns Eliot, noto come T.S. Eliot, (Saint Louis, 26 settembre 1888 – Londra, 4 gennaio 1965) viene ricordato come poeta, saggista, critico letterario e drammaturgo statunitense naturalizzato britannico.
Premiato nel 1948 con il Nobel per la letteratura, T.S. Eliot è stato un poeta appartenente al contesto cosìdetto “del modernismo” insieme ad altri autori di grande fama come James Joyce, Virginia Woolf ed Ezra Pound, con cui instaurò una profonda amicizia. Essi denunciarono con le proprie opere la crisi della cultura occidentale, l’alienazione ed il senso di solitudine dell’artista in un mondo prettamente scientifico – si parla del periodo storico compreso tra l’inizio del 1900 e la seconda guerra mondiale-.
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La poesia di Eliot non presenta un’ordinata sequenza di pensieri o uno sviluppo logico ma piuttosto una serie di “fotogrammi”, di frammenti non collegati l’un l’altro da connessioni logiche. È questo il caso della poesia “Spleen”, nella quale l’autore descrive le strade, le luci, le facce compiaciute ed i cappelli di seta dei passanti in una ripetizione che “spiazza l’autocontrollo mentale”, ma poi, ad un tratto, c’è un’intuizione poetica geniale che immagina la Vita, quella vera, la quale osserva e aspetta “cappello e guanti in mano” di essere vissuta, al di fuori delle convenzioni, al di là di tutte le vacuità di cui è capace l’essere umano.
“Spleen”
Domenica: questa processione soddisfatta
di sicure facce domenicali;
cuffie, cappelli di seta, consapevoli grazie
in una ripetizione che spiazza
il tuo autocontrollo mentale
con questa digressione ingiustificata.
La sera, le luci e il tè!
Bambini e gatti per strada;
Depressione incapace di affrontare
questa cospirazione tetra.
E la vita, un poco calva e grigia,
languida, schizzinosa e distaccata,
aspetta, cappello e guanti in mano,
ricercata nell’abito e nella cravatta
(Un poco impaziente per l’indugio)
all’ingresso dell’Assoluto.
Di Erica Ciaccia
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