La musica per salvarci da decadenza e nichilismo: l’incontro con Viadellironia
Anticipato dal primo singolo “Ho le febbre” feat.Edda, “Le radici sul soffitto” è il nuovo album di Viadellironia. Dieci brani scritti e composti da Maria Mirani, Giada Lembo, Greta Frera e Marialaura Savoldi e prodotti da Cesareo(Elio e le Storie Tese). E’ uscito lo scorso 20 novembre per Hukapan. Il filo conduttore dell’album è una descrizione critica e malinconica della decadenza del mondo attuale, commista al desiderio di resistenza alla passività e a quel sentimento che sopporta di mala voglia il peso della vita. Maria Mirani, cantante della band, ha risposto alle nostre domande.
Ciao, ragazze, benvenute su The Walk of Fame. Finalmente 2021. Per alcuni un anno di rinascita, per altri un anno di transizione, per altri ancora un anno dove gettare nuove radici. Cosa auspicate voi, invece?
Ciao! noi auspichiamo con tutto il cuore di tornare a suonare live, magari in un bel festival, e di aggirarci con un gin tonic nel post concerto.
Parliamo de “Le radici del soffitto”, la vostra release uscita lo scorso novembre. Un album che, concettualmente parlando, bene si presta al periodo controverso che stiamo vivendo. Tra ombre e luci in fondo al tunnel, come è nato il disco?
Tutte le canzoni presenti nel disco provengono dalla prospettiva di questa destinazione. Nel senso che abbiamo cominciato a lavorarvi quando Cesareo ci ha proposto la sua produzione. Quindi credo che godano di una certa uniformità, e di un atteggiamento comune. Non è stato progettato per essere un concept album, ma una certa ricorrenza tematica è evidente, e credo dipenda dal fatto che i pezzi germogliassero da una stessa necessità espressiva che, in modo naturale, li ha resi coerenti.
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Se nel primo ascolto mi hanno colpito le atmosfere presenti nei dieci brani, nei successivi ascolti le liriche hanno preso il sopravvento. Non posso che considerare i testi il punto forte dell’album. Come si è sviluppato il processo di songwriting?
Le pre-produzioni provengono da tre sistemi diversi di scrittura: un primo sistema prevede che io lavori ad un canovaccio armonico su cui successivamente impianto delle liriche. E’ il caso di Stampe Giapponesi, ad esempio. Per me è un sistema molto lucido di scrittura, come un esercizio. Dall’aspetto per così dire macchinico di questo approccio, però, deve scaturire qualche cosa di intenso e sentimentale, e per questo è molto faticoso. Un secondo metodo, valido ad esempio per Le radici sul soffitto, prevede che le liriche precedano la stesura melodica e armonica, o che procedano con essa. Il terzo sistema, che ha basato Simile a un morente e Ho la febbre, consiste nel selezionare le parti migliori di una jam con Greta o tutte insieme. Sono tre sistemi molto diversi, e danno possibilità diverse.
Quali sono stati gli eventi che hanno influenzato o, comunque, dato un contributo alla realizzazione di questo lavoro? E’ descritta una visione cinica, malinconica, quasi decadente della società attuale. Quanto c’è di autobiografico nei vostri brani?
C’è molto di autobiografico. Anzi, è tutto autobiografico nella misura in cui è il prodotto del mio atteggiamento verso il mondo. Le ragazze condividono alcuni vettori di questo rapporto con il mondo, da altri vettori si distanziano. Diciamo che credo condividano le valutazioni circa il sistema in cui ci troviamo, ma che abbiamo modalità diverse dalle mie di abitarlo.
La letteratura più decadente e nichilista ha indubbiamente un peso all’interno de “Le radici sul soffitto”. Quale è il rischio connesso al riportare su carta testi e concetti così delicati e, in alcuni casi, fraintendibili? Possiamo definire questo aspetto come il più complesso all’interno del processo che ha portato alla realizzazione dell’album?
E’ una domanda molto bella. Ha a che fare con la responsabilità concettuale di un autore o di un’autrice, e fa riferimento all’etica connessa alla musica. Non è stato così travagliato proporre i concetti che ho scritto per il semplice fatto che sono totalmente convinta del loro grado di verità. Credo anzi che sia etico proprio questo pessimismo. Quando una persona ha in sé questo atteggiamento, dura fatica a rendere produttivo, costruttivo e fertile il suo pessimismo. Hai parlato di nichilismo: ecco, il nichilismo lo chiama pessimismo della forza, e il disco è ossessionato da questo pessimismo della forza.
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Ciò che è accaduto negli ultimi dodici mesi ha sconvolto la nostra esistenza. Non mi riferisco esclusivamente alla pandemia, quanto anche alle crisi sociali, politiche, culturali ed economiche. Come giudicate questa fase della nostra esistenza?
Penso che ci troviamo davvero in un’età del ferro; ma penso anche che ci siano molte istanze che, dal basso, stanno modellando un pensiero più aperto. Ci sono nuove soggettività e nuovi paesaggi sociali. Queste cose mi fanno credere che si possano rifondare certi concetti davvero obsoleti e tossici.
Riguardo il ruolo della musica, dell’arte e quindi della cultura più in generale, si dibatte molto sul fatto che questo governo le abbia messe ai margini. Credete che sia realmente così?
Penso che ci sia un grande problema di considerazione e di nominazione nei confronti dello spettacolo. Sono state elette le categorie teatro e discoteca a contenitori di tutte le manifestazioni musicali presenti in Italia. Questo è un problema. I club non sono nemmeno considerati, e nei club si costruisce la musica alternativa da sempre. Alternativo non significa proscritto.
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E’ difficile parlarne ora, a causa di tutte le incertezze che inglobano i nostri giorni, ma bisogna guardare avanti, al futuro: quali sono i vostri piani per questo 2021?
Siamo fiduciose di poter suonare live! Stiamo cominciando a lavorare a qualcosa di nuovo, e vorremmo poter tornare a fare le prove più di una volta ogni due mesi.
Lascio a voi le ultime parole famose per salutare i lettori di The Walk Of Fame magazine
Ringraziamo noi te! Ti salutiamo così:
When a guy has the word dead on his mouth, you can’t tear it from him.
Grazie mille