Lo sfogo di Enrico Rava: 60 anni di jazz suonato nei posti più belli del mondo, manca non poter viaggiare
“No, non riesco proprio ad abituarmici. Questa storia di non poter viaggiare, anzi di non poter neanche uscire dal mio Comune mi pesa moltissimo. Ho passato gli ultimi 60 anni ( ! ) viaggiando sempre, incontrando la gente più diversa, mangiando i cibi più sorprendenti. Adesso sono qui, tappato in casa con l’aggravante di avere questo fastidio alle gambe (stenosi spinale ?)”.
Lo dichiara Enrico Rava, trombettista e compositore di musica jazz, tra i più conosciuti e autorevoli in campo italiano e internazionale
“Mah… non mi resta che rassegnarmi e consolarmi pensando ai posti che ho conosciuto: il quartiere Sant’Elmo di Buenos Aires, con quella meravigliosa colonna sonora che è il tango. O la Lower East Side di New York, oggi quartiere rispettabile e piuttosto caro, ma ai mei tempi (era il ‘67) una specie di rifugio di tutti i derelitti della città, tossici, alcolizzati, barboni, gente senza futuro e con un passato da dimenticare, ma dove, miracolosamente, brillava un gioiello, quello che era probabilmente il jazz club più speciale di New York: “Slug’s”, un budello maleodorante con un piccolo palcoscenico in fondo dove però ogni sera esplodeva una musica fantastica, nuova, sorprendente. Albert Ayler, Jackie McLean, Cecil Taylor e poi Lee Morgan, Hank Mobley“.
“Quante notti ho passato in quel buco, quanta musica geniale ho avuto la fortuna di ascoltare e quanta musica ho suonato lì dentro con i musicisti che solo un paio d’anni prima mi sembravano irraggiungibili: Shepp, Mobley, Cecil Taylor. E Berlino Ovest, prima della caduta del muro. Una specie di paradiso in terra circondato dal grigiore e dalla paranoia della Germania Est. Un’enclave del mondo occidentale, piena di artisti, di vita, di movimento”.
“Una città dove a qualunque ora del giorno e della notte potevi comprarti qualunque cosa, dato che l’idea era quella di evidenziare il più possibile la differenza abissale tra Berlino Ovest e Berlino Est. Era l’88 e ci sono stato 10 giorni con Cecil Taylor facendo un concerto a giorno. Giorni indimenticabili. E la Londra del ‘65. L’epoca dei Beatles, della musica sperimentale, delle minigonne, degli hippies, delle canne a gogo e tutto il resto“.
“O la prima volta al Blue Note di Tokyo. Città affascinante, d’una civiltà e d’una educazione che noi con ce la sogniamo neanche. È il Blue Note sicuramente senza paragoni più bello di tutti i Blue Note del mondo. Con un sistema di amplificazione strepitoso, un pubblico eccezionale e una cucina indimenticabile. Per non parlare dell’Italia. Suonare questa musica significa girare dappertutto per il nostro paese, finendo anche in posti sorprendenti dove senza la musica non saremmo mai finiti. E ci si rende conto che l’Italia è veramente meravigliosa e che non ce n’è per nessuno. Peccato gli italiani (scherzo naturalmente… o no ?)”, conclude Rava.